venerdì 28 febbraio 2014

sinossi dei Programmi Bontemporaneo Sensibile_Palermo 2014

SINOSSI

Excursus
Nella Bolla di Pasolini Danza,
poesia e cinema coreografia e danza Benedetta Capanna
musica: Locatelli, Corelli, Ennio Morricone
testi Pier Paolo Pasolini


“Si sa bene che la luce alle tre del pomeriggio è dolorosa, e che non si dovrebbe mai andare in giro a quell'ora: che quindi non c'è da meravigliarsi se tutto fa male, se tutto prende alla gola, e la vita si presenta come un paese di confino, dove dei pazzi credono di essere liberi, e vivono la loro giornata come un diritto. Ma la sera? la dolce sera?” (Petrolio, Pier Paolo Pasolini)
Danze rotte, sono le giornate che trascorro nella piccola grande città di Roma, dove tutto sembra spezzettarsi, perdere senso e sviluppo, dove anche i sogni sono ad intermittenza, dove le relazioni non hanno capo ne coda, dove le parole si spezzano in continuazione perdendo il loro suono, il loro stesso stupore divertito nel rivelarsi, il loro rincorrersi a volte goliardiache a volte poetiche. Ho la sensazione di camminare senza arrivare mai.
"...l’unico vero dolore era nei sogni; nei sogni in cui pareva di essere costretti a lasciare questa città per sempre!" Pier Paolo Pasolini (meditazione orale)
Poi però capita di atterrare a Fiumicino in un tramonto romano fatto di luce albicocca, si, perchè solo a Roma la luce è così, e mi tocca il cuore, riempe le crepe delle danze rotte, dei sogni e delle relazioni a intermittenza, della mancanza di suono delle parole e lo stupore è ritrovato... solo per qualche istante.
"Era una giornata straordinariamente bella. Dopo quel passaggio di nuovole "mitiche" cui ho già accennato, era tornato il sereno, e il sole splendeva liberamente senza che nulla si frapponesse tra la città e la sua luce. Ora, era proprio questa luce, appunto la cosa straordinaria... Succede spesso, effettivamente, che la luce sia così assoluta, quieta, profonda- rendendo il colore del cielo di un azzurro perfetto- anche se appena un pò velato, chiaro, quasi marino- da dare l'impressione di non appartenere al presente, ma a un passato miracolosamente apparso... e il tempo pareva non essere mai cominciato; si era nel cuore di qualcosa- appunto silenzio, azzurro, pienezza- di cui non contava il passare: ma la sua fissità: cosa che succede appunto per i giorni ricordati." (Petrolio, Pier Paolo Pasolini)

E allora ho l'impressione che una grande finestra si apra a questo azzurro nel mio intimo, si spalanca improvvisamente nel vento e mi chiedo se a Roma diventiamo ombre di questo passato, ombre schiacciate a terra dal passato, ma pur sempre come ombre figlie della luce.
Voglio fare pace con la città in cui sono nata, dalla quale scappo e in cui ritorno. Città che non capisco, città un pò madre e un pò puttana, città dell'esclusività e dell'esclusione, a volte accogliente a volte irriconoscente. Una città che perde la sua identità e non riesce a ritrovarla nella solitudine dei corpi di chi ci vive.
"Cos'è quest'animo umano? E' una presenza; una realtà; ecco tutto. Esso incombe attraverso l'individuo cui appartiene, e su lui, come un suo doppio monumentale e nel tempo stesso inafferrabile. Tale "figura incombente" (che in qualche modo, sia pur misterioso, è fisica anch'essa) sta solo là dove può stare. Ha la proprietà dei corpi" (Petrolio, Pier Paolo Pasolini)
Perchè Roma è una città donna e madre, una donna che invecchia: bella e sfruttata, come le prostitute dei film di Pasolini delle borgate Romane, vittime dell'umiliazione , personaggi anche volgari, ma che non possono non toccare il cuore col loro amore, il loro sacrificio e le loro scelte anche sbagliate, ma così umane e così inevitabili.
Donne che sembrano uscire da una Pietà, che diventano come Madonne, pure nella durezza della vita, punti di riferimento per uomini disorientati, e a loro modo ingenue. A loro si rivolgono come in una Ave Maria.

"Non voglio essere solo. Ho un’infinita fame d’amore, dell’amore di corpi senza anima
Sopravviviamo: ed è la confusione di una vita rinata fuori dalla ragione.
Ti supplico, ah, ti supplico: non voler morire.
Sono qui, solo, con te, in un futuro aprile…" (Supplica a mia madre, Pier Paolo Pasolini)

E così mi nutro di immagini, libri, pagine aperte a caso, e in una estiva passeggiata friuliana dove le scarpe fanno schioccare i sassolini delle strade di campagna, mi accorgo che Roma è la città ideale per dare senso alla propria ardente solitudine e forse finalmente farla morire.

"Dove nascono le cose; dove si concludono le cose per continuare"(Petrolio, Pier Paolo Pasolini)

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Estreusa
“FINNEGANS WAKE” Linguaggio, teatro e letteratura
di James Joyce
di e con Maurizio Donadoni
nella traduzione di Giorgio Schenoni ( Mondadori)
brani del capitolo primo scelti e interpretati da Maurizio Donadoni

Finnegans Wake é un monumento alla letteratura, fatto di letteratura che va oltre la letteratura. Perché come e più di tutti i grandi libri, è un mondo, anzi, un "parolmondo". E' vero, a differenza di uno studioso di linguistica un attore non ha tutte le conoscenze teoriche necessarie a districarsi nelle infinite profondità di quest' opera. Ha però uno strumento che altri non ha: l'incoscienza tipica del "puer eternus", che gli consente di credere possibile l'impossibile, di rendere riconoscibile l'irriconoscibile, dicibile l'indicibile. Di salire sul monumento " Finnegans Wake" senza la pretesa di spiegarne alcunché, con la semplice intenzione di giocarci un poco su e giù, in piena libertà. Dal primo capitolo sono stati scelti brani in cui l'autore espone i temi principali del libro, presenta alcuni personaggi chiave della vicenda: il muratore Tim Finnegan che, ubriaco, cade da un muro in costruzione, muore e resuscita durante la veglia funebre non appena benedetto con alcune gocce di wisky; il gigante Finn mac Cool il cui corpo addormentato costituisce il profilo della città di Dublino; un indigeno irlandese che dialoga come può con un invasore sassone; H.C.E taverniere di Chapelizod, eroe non eroe dell'opera, accusato di molestie sessuali nel Phoenix Park ai danni di due cameriere ( e forse anche di un fuciliere gallese.) Tra un brano e l'altro, pezzi registrati "live" nel ' 66 dai "Dubliners", tra cui, ovviamente "Finnegan' s Wake" e una rara versione della canzoncina popolare " Humpty Dumpty", elaborata dallo stesso Joyce in perfetto stile "Finneganese". Il tutto senza troppo farsi intimidire dall' esperimento joyciano, considerando "Finnegans Wake" non solo un "mostro" inavvicinabile ma anche un altissimo, bellissimo e - perché no- divertente gioco. Dopo tutto lo dice anche il ritornello dell' allegra canzoncina per la veglia funebre di Tim Finnegan : "There's a lot of fun at Finnegan's Wake." E ce lo racconta anche Joyce nel suo inventato, meraviglioso " Alephbeto".

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MDA/PETRILLO DANZA Danza e pittura
VAN GOGH
-physical performance with versatile and installational structure-

da un'idea del Dott. Renzo Ovidi
coreografia Loris Petrillo
drammaturgia Massimiliano Burini
interprete Nicola Simone Cisternino
musiche Diepenbrock, Handel, Ibsen, Wagner, Bach

Ispirato da un’idea del Medico Chirurgo nonché caro amico Dott. Renzo Ovidi,secondo il quale Vincent Van Gogh,notoriamente considerato un pittore pazzo morto suicida, in realtà non era quel folle che la storia ci ha presentato bensì un uomo affetto da sindrome carenziale affettiva di probabile origine familiare,Loris Petrillo crea la sua nuova opera utilizzando la coreografia non come mezzo descrittivo ,ma conferendole una funzione espressiva istintiva in grado di suscitare emozioni.
Così come Van Gogh non narra attraverso la pittura fatti o descrive luoghi,ma è interessato piuttosto al significato di ciò che rappresenta,Loris Petrillo elude dal racconto biografico del personaggio per creare lui stesso opere corografiche a Van Gogh dedicate.
Dall’acquisizione incrociata della lettura specificatamente clinica del Dott. Ovidi da una parte,e quella poetica e teatrale del Regista Drammaturgo Massimiliano Burini dall’altra,Petrillo rielabora un’idea personale del caso,che sviscera attraverso la fisicità dell’unico performer in scena in una sequenza di quadri coreografici e teatrali. In un ordine temporale casuale,ma incastonati secondo l’istinto creativo di chi li ha realizzati,ciascuno dei quadri rievoca un sentimento o uno stato patologico del Pittore: la sindrome depressiva generata dal forte bisogno di affetto; la ricerca di comunicazione con suo fratello Theo; la vocazione alla professione di predicatore; l’angoscia e l’inquietudine che trasformano egli stesso in un corvo; l’entusiasmo del periodo luminoso e bucolico ad Arles; lo scompenso morale che lo conduce in una strada tortuosa fatta di crolli,collassi e cadute morali; l’autolesionismo come incapacità di subliminare la propria sofferenza; la totale crisi personale che lo condurrà alla scelta estrema di morire.
Van Gogh ,uno spettacolo versatile nella sua struttura registica che si colloca perfettamente nel contenitore palcoscenico,ma si adatta benissimo,grazie alla sua impostazione installativa,in contesti scenici alternativi ed itineranti. La scena è neutra ,come una tela incontaminata che va via via riempiendosi di elementi,immagini ,azioni e sguardi che rievocano tutta la natura del personaggio secondo la lettura

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Spaziotre
“NOVECENTO” teatro e letteratura

Dal monologo di Alessandro Baricco
con Carlo Vitale
musiche Mariano Bellopede
luci Gianni Caccia
regia Enrico Santori - Carlo Vitale


Che cos’è lo spettacolo per il narratore Tim Tooney? La domanda ce la siamo posta molte volte, forse una delle risposte possibile è: che Tooney ha nella testa una storia importante da raccontare perché solo quello gli è rimasto, la tromba l’ha venduta ma l’ha sostituita con la leggenda che gli ha lasciato il “pianista sull’oceano”. –Non sei fregato veramente finché hai da parte una buona storia e qualcuno a cui raccontarla- il testo; un pretesto. Un onda continua nel perpetuo ripetersi di ricordi che affiorano, emozioni che emergono vivendo quell’attimo di luce, per poi di nuovo affondare negli abissi della memoria… indelebile. Non è un caso che Baricco parli di musica, di mare e di un uomo che vivrà tutta la sua vita di questo e si nutrirà di parole che gli vengono regalate, di emozioni e colori donati dai passeggeri che viaggeranno sulla sua terra il Virginian. Tutto ciò lui lo tradurrà in musica. Non ha bisogno di scendere… quello è il suo mondo, la sua terra, la sua vita, tra una prua ed una poppa nell’immensità dell’oceano.

“Succedeva sempre che a un certo punto uno alzava la testa… e la vedeva. È una cosa difficile da capire. Voglio dire… Ci stavamo in più di mille, su quella nave, tra ricconi in viaggio, e emigranti, e gente strana, e noi… Eppure c’era sempre uno, uno solo, uno che per primo… la vedeva. Magari era lì che stava mangiando, o passeggiando, semplicemente, sul ponte…magari era lì che si stava aggiustando i pantaloni… alzava la testa un attimo, buttava un occhio verso il mare… e la vedeva. Allora si inchiodava, lì dov’era, gli partiva il cuore a mille, e, sempre, tutte le maledette volte, giuro, sempre, si girava verso di noi, verso la nave, verso tutti, e gridava: l’America.”
Questo è il felice esordio del meraviglioso testo teatrale di Baricco. Pagine straordinarie, intense e ricche di magia. E’ la storia di un pianista eccezionale, capace di suonare una musica meravigliosa. Il suo nome è Novecento ed è impossibile non esserne rapiti. A dire il vero, il suo vero nome è Danny Boodmann T. D. Lemon Novecento. Ancora neonato viene abbandonato all’interno del piroscafo Virginian, dove viene trovato per caso da un marinaio che gli farà da padre fino all'età di otto anni, quando morirà in seguito ad una ferita riportata durante una burrasca. Il bambino scompare misteriosamente nei giorni conseguenti la morte del padre e quando ricompare incomincia a suonare il pianoforte. Un pianoforte che suonerà per tutta la vita.
Boodman T. D. Lemon Novecento è un uomo che vive attraverso i desideri e le passioni altrui, un uomo che si realizza e si annulla con la musica, che vive sospeso tra il suo pianoforte ed il mare, con il quale è in grado di rivivere, in modo fantastico, ogni viaggio, ogni sensazione gli venga raccontata dai passeggeri del piroscafo.
E’ nato e vissuto, Novecento, sul piroscafo Virginian ed è incapace di scendere ed affrontare la vita sulla terra ferma. La musica, quella che suona “perché l’oceano è grande e fa paura” è l’intera vita sua.


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Hystrio/MdaProduzioni Danza
BABILONIA Musica e Danza

da un'idea di Marcello Fiorini
coreografia Rosa Merlino/Monica Camilloni
musica originale eseguita dal vivo Marcello Fiorini
con Carlotta Bruni, Monica Camilloni, Rosa Merlino


Nella mistica di derivazione biblica Babilonia è una metafora utilizzata per definire una società‚ uno stato o un'istituzione che assomma in sé ciò che è considerato negativo nella natura umana.... e in qualche maniera evoca il Caos allorchè tutti i linguaggi si mischiano e diventano incomprensibili l'uno all'altro. Secondo i Veda‚ il Caos non è un misterioso disordine cosmico che ci attende nel profondo dell'Universo e nemmeno un magmatico oceano di lava che ribolle minaccioso accanto al cuore della terra‚ ma è l'illusione di questa realtà‚ il continuo gioco tra desiderio e sofferenza che costella e soggiace alla trama della vita.
Attraverso questa visione ‚ Il Caos quindi è nella nostra percezione‚ è nel credere ai nostri sensi. Nel credere anche in un senso delle cose‚ senso che con tutta probabilità‚ invece‚ ci sfugge. Questi i pensieri che hanno dato vita al progetto nato dall'incontro tra Marcello Fiorini e Aurelio Gatti‚ una ricerca su quelle infinite e alchemiche discordanze tra corpo‚azione e musica che nel complesso generano una dinamica altra‚ nuova‚ totalmente estranea agli elementi generativi eppure intimamente collegata con questi. La parte coreografica affidata a Rosa Merlino e Monica Camilloni che già si sono sperimentate‚ con ottimi risultati‚ nel lavoro di Metamorphosis. Il debutto previsto per Museo Regionale D'Arte Contemporanea‚ Palazzo Riso di Palermo.

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Estreusa/ Mdaproduzioni
IL VIAGGIO Danza, teatro e letteratura
del GUERRIN MESCHINO

Da Gesualdo Bufalino
drammaturgia Tringali - Gatti
regia e coreografia Aurelio Gatti
con Sebastiano Tringali, Cinzia Maccagnano
Gabriella Cassarino, Carlotta Bruni e Rosa Merlino


Il Guerrin Meschino è una delle opere meno note di Gesualdo Bufalino. Rappresenta uno dei testi in cui maggiormente emerge il bagaglio accumulato dal Bufalino lettore : I tòpoi fondamentali del genere cavalleresco sono perpetrati attraverso il recupero di una vicenda narrata da Andrea da Barberino alla fine del XIV secolo e in cui si ritrovano le influenze delle altre grandi opere di questo plurisecolare filone letterario. Ciò che maggiormente colpisce è la cornice in cui Bufalino inserisce tutto ciò: la vicenda cavalleresca, infatti, è messa in scena da un vecchio e lamentoso puparo che fin dalle prime battute rende chiara la propria rassegnazione nel trascorrere la parte conclusiva dell’esistenza (non si dovrebbe diventar vecchi…). Egli paragona sé stesso a un pupo i cui fili sono manovrati dalle mani sapienti del destino, pronto a gareggiare e vincere al gioco delle tre carte (nonostante il protagonista conosca il trucco che gli garantirebbe il trionfo ). Non c’è tuttavia possibilità di scampo di fronte al fato e al cammino intrapreso: bisogna proseguire finanche un solo paio di occhi rimanga seduto a osservare la scena e il malcapitato attore che vi recita.E' la storia oscura di un giovane che si tramuta, per le azioni compiute, da orfano in valoroso cavaliere cercando di riscattare una condizione di partenza sfortunata. Il carattere di Guerrino è parallelamente sovrapponibile a quella del puparo, costituito da un misto di solitudine, malinconia e perpetua instabilità. Nel seguire le sue vicende, si è catapultati in un mondo ricco di creature magiche, prove da superare, donzelle da salvare (il cui amore nasce e muore in pochi attimi), tornei cavallereschi, trasposizioni oniriche e onori da riconquistare. Un cavallo pregiato, Macchiabruna, e uno scudiero illetterato, Babele, lo accompagnano fino a quando, anch’essi, non muoiono o spariscono lasciandolo perennemente nella sua primordiale emarginazione.

Bufalino conduce l’eroe fino agli ultimi tre ostacoli da scavalcare per porre fine alle sue sofferenze e ottenere il giusto riconoscimento per i suoi sforzi: la conoscenza dell’ignota famiglia e la conseguente perdita di quel sentimento di abbandono straziante che ne ha contraddistinto la vita intera. Ma, improvvisamente, tutto termina in maniera inconcludente: il puparo non termina la messa in scena dell’opera per stanchezza e il pupo, accorgendosi di essere una marionetta i cui fili sono avvolti nelle mani di altri, non proseguirà oltre. Il suo destino è la morte, conclusione di un cerchio di immedesimazione/sovrapposizione che sancisce inizio e fine del testo. Saranno, infatti, le due dita che lo hanno sempre controllato a spezzarne il collo in un breve e, apparentemente, insensibile gesto. Un piccolo atto paragonabile a quello che presto subirà anche lo stesso puparo, destinato similmente a morire per mano del demiurgo suo creatore in un altrettanto crudele frangente di realtà. I due personaggi, appartenenti a mondi in apparenza così distanti, si fondono ancor più in un’unica entità la cui legittimità è suggerita dallo stesso finale: “Che fa, non l’avevate capito? Sono io, Guerrino il meschino”.

Sotto questa lente d’ingrandimento, l’interruzione del racconto nel racconto appare come una conclusione più che completa e giustificata; l’incompiutezza appare costituita da un inizio e da un termine ben circoscritto in cui tutto conserva un significato nitido e trasparente, già suggerito altrove dallo stesso autore. Un significato che sarebbe andato perso nel caso il lettore fosse venuto a conoscenza di un pronosticabile lieto fine per la storia del semplice Guerrino; egli si sarebbe completamente riscattato: non più meschino ma ricompensato dagli onori, dalla gloria e dall’immortalità letteraria, lontanissimo dal suo omologo puparo condannato alla stanchezza, all’oblio della memoria e alla mortalità terrena.


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BABEL CREW
UN 'ORA TUTTA PER ME Danza, teatro

1° capitolo de " DRAMA IN CORPORE"_una trilogia
con Simona Argentieri
drammaturgia e regia Giuseppe Provinzano
coreografia Simona Argentieri

Il progetto nasce dall'incontro\confronto in Babel tra gli artisti che detengono quelle che noi chiamiamo "residenzialità responsabili" legate al teatro e alla danza. La struttura organizzativa di Babel permette agli artisti di sviluppare liberamente i propri percorsi ricevendo sostegno, merito e partecipazione: in questo contesto abbiamo deciso di mettere in gioco i nostri percorsi tentando quest'intreccio che possa rendere complementare le nostre specificità. La regia di un processo coreografico, la scrittura di una drammaturgia da danzare, l'espressione di un corpo che ha nella parola elementi cardine, il ritmo condiviso, il suono partecipato e condizionante, l'attenzione massima per ogni stimolo esterno e interno. Il progetto prevede lo sviluppo di 3 spettacoli con un attestato di difficoltà, di ricerca e di rischio crescente, legati tra di loro da un filo comune relativo alla necessità. Questo primo capitolo “Un'ora tutta per me”, sta ricevendo il sostegno dell'iniziativa artistica attivata dal Comune di Padova “Esperienze in varazione”, che prevede il tutoraggio del lavoro in un periodo compreso tra settembre 2013 e febbraio 2014 da parte di tre coreografe venete: Laura Moro, Chiara Bortoli, Sandra Zabeo.

Note per una coreografia/// Qualche mese fa, cominciando a lavorare su un assolo, mi sono domandata che forme potesse avere la danza di un personaggio nato come personaggio “parlante”. Nello specifico la storia di una giovane ragazza, prostituta del Sud Italia, con tutti i suoi se e tutti i suoi, con i suoi perché e i suoi però …. potrà mai essere danzata?
Nella mia essenza da danzatrice e nella mia coreografia si schiude la necessità di trovare un legame dinamico tra filo drammaturgico, movimento, espressività contemporanea. Incuriosita e attratta da come drammaturgia e danza si completino restando su quella sottile linea in cui la composizione si lascia contaminare in transizioni fugaci.
“Un’ora tutta per me” è un assolo che parte dal testo e sconfina in isole di immagini, assorbe suoni e rumori legati alla vita nei vicoli del Sud, ricerca una musicalità non esplicita, fatta di sensazioni acquatiche di libertà e intimità profonda. Mare ed immersione acquatica…immersione di un’anima nuda per un tempo breve ma forse infinito, i 60 minuti che questa ragazza si concede ogni giorno per ritrovare se stessa: di questa sensazioni di particolare purezza è pregno il mio danzare. Simona Argentieri

Note di regia //// Il progetto "Drama in corpore" rappresenta un tassello molto importante per lo sviluppo potenziale di Babel: in questi 3 spettacoli saranno coinvolte tutte le anime artistiche che compongono la crew e questo rappresenta una spinta ulteriore a scandire per bene e ponderatamente ogni passo che muove la nostra creazione. Abbiamo deciso di andare per steps e concedere a questo progetto la possibilità di crescere naturalmente insieme al nostro stesso affiatamento e alla nostra sintonia artistica. Niente di predefinito ma piuttosto una estrema fedeltà al processo di creazione. Nello spettacolo RuSuD ( prod. Babel), che ci vedeva entrambi coinvolti, abbiamo trovato la traccia drammaturgica che qui si fa spin-off per trarre una sua forma e un suo sviluppo. La formazione attoriale di Simona Argentieri mi permette in quanto autore di sperimentare linguaggi e ritmicità che possono diventare stimoli per il corpo, una storia che partendo da un assunto standardizzato e moralizzato tende e dissacrare le impressioni iniziali parola dopo parola. La particolarità del suo muoversi e del suo (s)muovere emozioni mi suggerisce direzioni registiche contaminate: "l'immobilità" della narrazione e la "mobilità" della danza si incontrano in un'esplosione di immagini e tensioni. Giuseppe Provinzano


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MDA/ RITMI SOTTERRANEI
WELTFLUCHT Danza, architettura

musiche Mozart, Julia Kent, Olafur Arnalds
Jun Miyake, Anthony And The Johnsons
regia e coreografia: Alessia Gatta
danzatori: Gioele Coccia, Viola Pantano, Marco Grossi, Giacomo Sabellico

"Weltflucht" (Fuga dal mondo) è il tentativo di percorrere una via per coniugare le opposizioni dell’umana esperienza, per scoprire che la fuga non necessariamente è verso un luogo lontano ma risiede dentro di noi, "verso di noi", come recita la poesia di Else Lasker-Schüler.

In uno stretto corridoio si cela l’unica e reale natura di cui siamo il frutto.

Il vorticoso moto interiore di ognuno di noi diventa, nell’immaginario coreografico di Alessia Gatta, lo spazio di una tangibile esperienza artistica.

La scenografia, come è consuetudine nelle opere di Gatta, svolge un ruolo fondamentale nel corso dello spettacolo.

I quattro danzatori saranno ripetutamente costretti a spazi ridotti e i continui spostamenti degli elementi scenici, due giardini verticali mobili, delineano al contempo stati di libertà e prigionia,di humour e di magia.

L'opera di Gatta è liberamente ispirata alla poesia "Verso di me" della Lasker-Schüler e vuole confondervi, turbarvi, per giungere insieme alla conclusione che la vera fuga è verso noi stessi.

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Fuga dal mondo / io nell'immenso voglio / tornare a me / gia' mi fiorisce il colchico autunnale dell'anima / forse e' gia' troppo tardi per tornare / oh, fra di voi io muio ! / perche' voi mi asfissiate di voi stessi / vorrei tirare fili intorno a me / per metter fine alla babele / fuorviarvi, per fuggire / verso di me.

[Else Lasker-Schuler]

sabato 22 febbraio 2014

domenica 9 febbraio 2014

Palazzo Riso di Palermo ospita Contemporaneo Sensibile 2014, a breve il calendario

Museo Riso, si cambia ancora. Con la neodirettrice Valeria Livigni arriva il programma per il 2014. Mostre, spettacoli di teatro e un S.A.C.S. in chiave pluri-istituzionale | Artribune

" gli spazi di Palazzo Belmonte Riso non sono la mera opportunità - per quanto pregevole - di una location per un progetto dedicato al Contemporaneo e tanto meno un contenitore passivo. Sono la circostanza, lo stimolo, l'intima ragione per la ri-elaborazione di una esperienza quale quella della visione che non contempla la rappresentazione e scardina la  meccanicità e la serialità dello spettacolo. E il Contemporaneo non sarà più un genere o uno stile ma un prezioso momento di vita." Aurelio Gatti .

Grazie alla collaborazione con il Museo regionale d'arte contemporanea Palazzo Riso di Palermo, una nuova prospettiva per Contemporaneo Sensibile, il progetto dedicato ai nuovi linguaggi della scena ideato da CapuAntica Festival ed EstreusArte con il sostegno dei Teatri di Pietra Sicilia e CDanza Lazio.  

Nella grande sala del secondo piano che ospita l' installazione sospesa dell'artista Jannis Kounellis, un programma interamente dedicato ai "meticciaggi e contaminazioni" della scena:
danza, teatro, musica e arti visive non più linguaggi a se stanti, ma espressione di una originale ricerca  in cui l'autore/interprete genera una visione inedita, apre una prospettiva altra.Otto gli appuntamenti , tra i protagonisti di questa nuova edizione:   Maurizio Donadoni, Sebastiano Tringali, Cinzia Maccagnano, Benedetta Capanna, Alessia Gatta, Marcello Fiorini, Simona Argentieri e Giuseppe Provinzano, Loris Petrillo... accanto a numerosi giovani interpreti. 

da Marzo 2014

info: http://contemporaneosensibile.blogspot.it/ whatsApp 327 9473893
Palazzo Riso : Via Vittorio Emanuele n. 365 - Palermo   tel. 091587717