giovedì 9 aprile 2015

CONTEMPORANEO SENSIBILE _ RISO Palermo, Le Sinossi


CONTEMPORANEO SENSIBILE
#contemporaneosensibile
danza//teatro//musica//poesia// visioni
 --- laboratori+performance+spettcolo
dal 17 aprile al 23 maggio
RISO museo d’arte contemporanea della Sicilia
Palermo, corso Vittorio Emanuele 365

(info whatapp 327 9473893/ estreusarte@gmail.com )

in collaborazione con Teatri di Pietra Sicilia , Circuito Danza Lazio
intero 10 euro - ridotto 7 euro - - convenzionati e carnet 5 euro
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MDA Produzioni Danza
KAIROS - della assenza e dell'essenza
da Ecclesiaste, Platone e Aristotile
regia e coreografia Aurelio Gatti
con Luna Marongiu e Sara Giannelli

Il tema è il tempo , i protagonisti due "campioni" imperfetti di due età dell'uomo, la giovinezza e la maturità... nel ns. caso una giovane e una donna che per "condizione" sono accomunate dalla mancanza di un tempo pieno, giusto, capace di dirsi vita e vissuto. Entrambe nella convinzione di aver perso " il momento" … Kairos (καιρός) è una parola che nell'antica Grecia significava "momento giusto o opportuno" o "tempo di Dio". Gli antichi avevano due parole per il tempo, kronos e kairos. Mentre la prima si riferisce al tempo logico e sequenziale la seconda significa "un tempo nel mezzo", un momento di un periodo di tempo indeterminato nel quale "qualcosa" di speciale accade. Ciò che è speciale dipende da chi usa la parola. Chi usa la parola definisce la cosa, l'essere della cosa. Chi definisce la cosa speciale definisce l'essere speciale della cosa. È quindi proprio la parola, la parola stessa, quella che definisce l'essere speciale. Mentre chronos è quantitativo, kairos ha una natura qualitativa.. Come divinità Crono era considerato la divinità del tempo per eccellenza mentre Kairos era semi-sconosciuto … Esiodo dice che è "tutto ciò che c'è meglio di qualcosa" ed Euripide dice che ciò "è il migliore delle guide in ogni impresa umana". Non è tuttavia dato a tutti di raggiungerlo; appartiene allo "specialista" che, avendo delle conoscenze generali, è capace di integrare i fattori del momento che gli permetteranno di osservare la particolarità della situazione.
Il kairos svolge un ruolo decisivo nelle situazioni imprevedibili ed insolite, ne è protagonista. Tutte le accezioni di kairos non sono direttamente legate al tempo ma tutte sono legate all'efficacia. Indipendentemente dall'ambito (medicina, strategia, retorica, incontro, conoscenza ... ) inverte le situazioni e dà loro un esito definitivo (la vita o la morte; la vittoria o la sconfitta).
Kairos sfugge costantemente alle definizioni perché si trova sempre al centro di due concetti: l'azione ed il tempo; la competenza e la possibilità; il generale ed l'individuale. Non è mai completamente da un lato o da un altro.

Questa indeterminazione è legata al suo potere di decisione. Trattiene per ogni caso gli elementi necessari per agire ma non si confonde con loro. È "libero" di cambiare ed è per questo che è così difficile da afferrare nella pratica e da comprendere nella teoria.

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Arte e Spettacolo Domovoj
FRIEDRICH NIETZSCHE
COSI’ PARLO’ ZARATHUSTRA

Drammaturgia e Regia MATTEO TARASCO
con Lara Balbo , Sara Sartini , Valentina De Giovanni

Uno spettacolo per tutti e per nessuno.
Il teatro oggi può essere il tramite di una nuova spiritualità attraverso il rito sacro della narrazione. Il teatro può riavvicinare l’uomo a valori alti e ad una condivisione che non è e non può essere soltanto laica. Così parlò Zarathustra veniva considerata dal suo stesso autore la “Bibbia del futuro”. La domanda alla base del nostro progetto è: abbiamo davvero bisogno di nuovi testi sacri? Quale nuovo rapporto tra divinità ed uomo si può instaurare in una società basata sulla dittatura del valore commerciale? Il nostro progetto vuole essere un primo movimento verso un mondo nuovo. Mettere in scena Così parlò Zarathustra, per la prima volta dalla sua pubblicazione nel 1885, vuole essere un tentativo di raccontare l’odierno spaesamento quotidiano di una generazione incompresa, un tentativo per riacquistare, attraverso la fascinazione del palcoscenico, i valori della parola poetica, che crediamo oggi debba imporsi su altri linguaggi che spiegano, ma non insegnano il senso. Mettere in scena Così parlò Zarathustra significa essere appassionati, e per mettere Così parlò Zarathustra dentro la scena del teatro siamo costretti ad essere fisici, nemmeno corporei o corporali, ma fisici e primitivi, “naturali”, per essere lo specchio distorto di una nuova barbarie che avanza. Ma dobbiamo anche ricordare che le parole bruciano, che le parole si fanno carne mentre noi parliamo e quindi anche parlare, anche raccontare una storia è un gesto fisico. Oggi sembra che la lingua abbia perduto la sua Physis, la lingua oggi non è più del cuore, come diceva Paracelso, ma della mente, di Nuos. La parola soccombe nelle paralizzanti spire dell’ossessione, comunicativa, stritolata da un’angoscia semantica. La stessa angoscia che pervade il testo sacro di Nietzsche.

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NUDA VERITAS
CANTO SCURO

Quasi – solo da un ricordo infantile d’Elettra.
Dall’igloo di Merz.
Dalla casa impossibile, dal “che fare?”.
Introiezione della luce.
Nemesi come fuoriuscita, ma a porte chiuse.

Di e con: Giovanna Amarù
Costumi: Graziella Maniaci
Disegno luci: Marco Sciveres
Con la partecipazione di 3 figuranti nel ruolo di:
Agamennone,Elettra bambina,Clitennestra

"She does a very good bare back dance at the beginning, faster than usual, but with carefully accumulated detail and we can still see all the musculature. Floorwork follows, precise dancing and equal care in building the detail of the image. Eventually she dons the black dress, and takes the simple girl black draped figure from the back, brings to the front finally in her teeth, drops it in disgust, and backs away wiping herself clean to sit on the chair where the figure had been throughout. This is excellently conceived work, each scene only a little overstaying its welcome, beautifully performed, unlike anything else really, a mystery. And modest, given the name she has adopted, but clearly genuine..."
John Ashford, Aerowaves/Dance across Europe Director, London

Alla luce distinguo le cose. Separate, scolpite, nude. Date alla forma ed ai sensi, scisse
da me ed in sé stesse. Portano un nome, perché sono state nominate. Il nome è questa luce,questa luce che vedo e fu vista. Eppure un luogo non chiamato perennemente chiama. Esisteun interno che la luce oscura, un sole che impedisce agli occhi lo sfondamento del cielo.Questo luogo di ritrazione dell’essere dove non giunge pensiero né suono, questo canto scuro dove riposano tutti i giorni a venire. Dove guardare è nascondere, nominare è tradire,toccare è dissolvere. Dove il buio dei polsi vive cantando attraverso,come straniero, remoto ed inaudito.

LA LUCE ED IL LUTTO.
Ho voluto riportare le cose al loro valore nominale. Leggere il solo piano metaforico, quello che ricadendo fuori dall’oggetto da accesso all’intimo di questo. Elettra è lo splendore, l’ambra gialla.
E’ la proprietà di alcuni corpi che sfregati attirano o respingono altri corpi,è quel fluido rapido che si manifesta con scintille, che imprime al sistema nervoso una violenta vibrazione. La trasparenza di Elettra rivela l’opacità di Clitennestra, ne denuncia l’inerzia e l’impostura. Elettra è colei che si lascia attraversare, che riconosce e si autogenera, fuori di stirpe. Colei che al potere sostituisce la possibilità, come puro movimento. Elevando il lutto a luce, annulla un recinto e si fa essa stessa ultimo limite, ultima fuga in sé stessa, ultima espiazione e testimonianza. Elettra piange l’assenza
del padre e del fratello, ma non attende e non accoglie, erigendosi a figura negativa della femminilità o come oltre/femminile. L’igloo, la casa impossibile di Merz, è la bolla chiusa dell’infanzia, indistruttibile come il giardino remoto di un gioco che fu.

Il suo abbandono è reso necessario da un ulteriore abbandono,in una sinonimia fra crescita e scioglimento dai legami. Elettra è energia viva, dunque separata;ed il tavolo, quel frammento di suolo sollevato da terra come altare alla convivialità, si fa tomba. Ho voluto intendere questo Canto Scuro come corto circuito dell’esistenza, come energia svincolata,non servile in nulla, non timorosa. Un brillare gratuitamente in un cielo vuoto, siderale quanto la lontananza dall’essere sé.
 

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MDA Produzioni Danza// Ritmi Sotterranei
Studio per CONVIVIO
coreografia | Alessia Gatta regia / drammaturgia | Marco Angelilli/Alessia Gatta
con Coccia Gioele, Colasanti Eleonora, Déri Andràs, Giglio Gioia,
Morille Pierre-Etienne, Pantano Viola
musiche | Aa.Vv. fotografia | Viola Pantano
fonti : Convivio, Dante Alighieri | 365 modi di cambiare il mondo, Michael Norton |
Il pane (e il companatico) , Giuseppe Bresciani

“CONVIVIO” nasce in un territorio indefinito che sta tra energia, spazio, danza e cibo.
Mette in discussione il rapporto tradizionale tra la ricerca incondizionata di equilibrio e l'irrimediabile vizio terreno che ci conduce a peccare contro il nostro professato benessere.

Indaga le relazioni tra corpo e ambiente e i continui reciproci scambi tra l’uno e l’altro, dai più apparenti ai più nascosti. Ed esplora quanto sia concreta la possibilità di influenzare il proprio animo partendo da un'attenta analisi di ciò di cui ci nutriamo che si traduce come ben sappiamo, in ciò che siamo. La riflessione, per quanto interiore, è pur sempre pratica, tangibile e universale.
“CONVIVIO” mette in scena una sorta di gioco sociale.
Gli interpreti si incontrano per condividere il momento della cena e sono chiamati a scambiarsi opinioni su come e in che termini è possibile migliorare la qualità della vita.
“Si stima che nel corpo umano ci siano 50.000 miliardi di cellule. Nell’arco di un anno una buona parte di queste cellule viene rinnovata. Dopo sette anni il rinnovamento è pressoché totale. Si può affermare che ogni sette anni cambiamo in modo radicale, diventiamo individui nuovi con un corpo nuovo. Cos’è che determina una palingenesi così radicale? La risposta è quasi banale: il cibo. L’uomo si ciba di alimenti fisici, ma anche di luce e pensieri. Si ciba di energia che produce nuove cellule, destinate a sostituire quelle che muoiono. L’energia che assumiamo non serve solo a mantenerci in vita ma principalmente a ridisegnare nel tempo la nostra configurazione fisico-mentale e a plasmare il nostro futuro. Il cibo alimenta il nostro corpo carnale ma anche i corpi sottili. “L’uomo è ciò che mangia” diceva Feuerbach nel 1850.” e più avanti aggiunge “La qualità oltre che la quantità degli alimenti assimilati attraverso la bocca, la pelle e la mente, nutre la nostra coscienza cosmica e determina una maggiore o minore consapevolezza del nostro posto nell’universo.”
È dunque il cibo e il suo rapporto con l'evoluzione dell'uomo, fulcro di dialogo per i sei danzatori in scena. Dal concetto di Slow-food alla reazione del cibo sul corpo, dal vegetarianesimo alla riscoperta di sapori e Aromi della nostra terra.
“Noi italiani abbiamo il grande merito di avere inventato la pasta e la pizza; vale a dire il fuoco e la ruota.“... L'intento è di creare una opera piacevole e accessibile, arricchirla di informazioni non solo eticamente giuste ma anche insolite e divertenti, tutte accomunate da un denominatore comune: se applicate possono davvero creare circoli virtuosi di contagio positivo dell’idea, contribuire a formare altri gruppi di persone intenzionate a cambiare la prospettiva tradizionale di un mondo occupato solo a consumare.
Anche in quest'opera Gatta riporterà nell'immaginario scenico, forti riferimenti all'architettura, all'analisi di un nuovo spazio da vivere e nella quale confrontarsi con il prossimo e con un futuro non troppo lontano.

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Compagnia Massimo Verdastro -Centro Diaghilev
Da Una strana gioia di vivere a Quieta follia
SANDRO PENNA

Seminari, incontri e lettura scenica delle poesie e prose di Sandro Penna,
a cura di Elio Pecora e Massimo Verdastro.

Elio Pecora ha scritto questa drammaturgia appositamente per Massimo Verdastro; concepita come una sorta di spartito musicale, sull’onda di una forte ed empatica conoscenza che Pecora ha del poeta perugino. Il monologo che n’è venuto fuori, in una lingua molto prossima alla poesia, ma veloce e chiara, vede un Sandro Penna insonne che si racconta e rivela e, mentre riflette e confida le fonti e le ragioni della sua opera poetica, descrive le sue giornate e il tempo che ha traversato: gli anni del fascismo, la guerra, il secondo dopoguerra, la sua intera esistenza fatta di inquietudini e di stupori.

In una stanza da cui ha smesso di uscire, dove sono accatastati e sparsi oggetti di ogni tipo nella confusione più totale, il poeta si rivolge a un magnetofono. Elenca i suoi mali, si dilunga sulle sue insonnie; vagando nella stanza-tempio, ingoiando pillole, ci parla della sua infanzia difficile, dei suoi rapporti con il padre e con la madre, che ha segnato la sua esistenza, madre amorosa e crudele, traditrice e giudicante. Quindi l’incontro con l’amico che gli parlò di Rimbaud e Baudelaire, la comparsa della poesia; i dissidi interiori, la diversità ben prima di quella sessuale; l’amore intravisto, inseguito, negato; gli anni della giovinezza, gli impieghi brevi, i piccoli commerci, la sua visione della vita accolta nei versi;le sue frequentazioni e amicizie con Montale, Saba, Pasolini e Morante.

Progetto teatrale in due parti dedicato all’opera e alla figura di uno dei più grandi poeti del Novecento.Questo lavoro verrà presentato in anteprima a Gibellina nel luglio 2015 al festival delle “Orestiadi”.

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eCOvANAvOCE
SHAHRAZÀD a la femminisca
da Le Mille e una Notte

Lo spettacolo porta in scena la celebre saga di Shahrazàd e dei suoi racconti su cui è basata la struttura delle Mille e una notte, un’opera che attinge alla grande tradizione mitologica e culturale del mondo mediorientale.

La chiave di lettura originale è quella del Cunto siciliano, dove la memoria è affidata alla parola ed è sentita come passaggio della vita che è stata alla nuova vita: una terra e una lingua dunque, che rappresentano un punto di incontro ancora vivo tra la nostra percezione, intesa come occidentale e contemporanea, e le culture che informano Le mille e una notte.
Shahrazàd inizia il suo racconto solo una volta che la notte è scesa, interrompendosi infallibilmente all’alba. Racconta per non morire, tiene la vita in sospeso con l’unica arma che le rimane: la parola.
E affronta la morte non solo per salvare la vita, ma per conservare la parola.

Yasemin Sannino voce
Paolo Fontana viole da gamba
Cristiano Califano chitarra classica
Fabio Lorenzi chitarra barocca
e con Alessandro Giuliani immagini

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Piccola Compagnia Italiana
MENZOGNE E SORTILEGI
opera aperta in dialogo con Elsa Morante
ideazione di Giulia Randazzo
in collaborazione con Mattia Federici (scene)
con la partecipazione di Aurelio D'Amore, Gianni Giuliano
improvvisazioni tessili e costume designing Rosa Lorusso
composizioni e live performance Gabriele Giambertone

Esito del workshop intensivo su manoscritti e illustrazioni di Elsa Morante, la piéce diventa l'occasione per sfidare i limiti e le possibilità di raccontare sul palcoscenico qualche frammento dell'esistenza di una delle più celebri autrici del secondo dopoguerra. Il devastante amore per Alberto Moravia, le amicizie illustri e controverse, l'impegno civile; e, più di ogni altra cosa, la sua prodigiosa capacità di narrare l'innocenza dell'infanzia. Per parafrasare la frase finale dell’Introduzione di Menzogna e sortilegio, che lo scopo complessivo è di uscire dalla camera dei cliché e restituire vita , al di là del suo talento letterario, nel bene e nel male, nelle fedeltà e nelle intransigenze, nell’allegria e nella sofferenza, a una donna straordinaria –.Come ricorda sempre Pontremoli , Negli ultimi tempi della sua vita Elsa Morante diceva che da giovane le era piaciuto credere che l'infanzia, l'innocenza dell'infanzia, non sarebbe cambiata mai, e che invece tutto era orrendamente cambiato, e non restava più nulla, nemmeno lei stessa, di quel tempo di allora.

Un lavoro che nasce come Workshop , rivolto ad allievi attori e professionisti con esperienze nel settore teatrale., con sessioni di training fisico e vocale, lavoro creativo su manoscritti e illustrazioni della Morante, prove per lo studio-spettacolo finale.